Dopo aver trattato della storia e delle origini dell’incenso, ed aver descritto in via generale quali sono i suoi
effetti fisici e materiali, è il momento di addentrarci dove il microcosmo si
lega al macrocosmo: la dimensione emotiva,
mentale e psichica.
"Brainstorming" di Michael Zhang |
A livello anatomico il senso dell’olfatto
possiede delle dinamiche in gran
parte ancora inesplorate: alcuni
esperimenti hanno evidenziato come la percezione olfattiva metta in funzione varie aree del cervello con frequenza e ordine caotici. In questo caso l’idea
di caos non coincide con quella di
«casuale», bensì allude a una logica di altissima
complessità, in un processo del tutto simile a quello che avviene durante l’espressione del pensiero creativo.
La scienza odierna non si è ancora pronunciata in modo definitivo su cosa sia a livello fisico un «odore»: secondo alcuni si svilupperebbe secondo la struttura molecolare, secondo altri (vedi studi di Luca Turin) la decodifica da parte dei recettori dipenderebbe dalla vibrazione emessa dalle stesse molecole. Per questo, al momento, riguardo alle reazioni che avvengono nell’apparato olfattivo ci si riferisce ai risultati della dissoluzione di sostanze volatili in uno strato di muco che permea l’interno delle nostre narici. Una volta disciolte, lo stimolo prodotto sarà codificato dai recettori, che produrranno gli effetti ai quali abbiamo accennato nell’articolo sugli effetti fisici e materiali. Ad essi va aggiunto che il sistema olfattivo è direttamente collegato alle parti più ancestrali del cervello: il sistema limbico, l’amigdala, la ghiandola pineale (epifisi) e ghiandola pituitaria (ipofisi).
Durante l’inalazione di un qualsiasi odore, quest’ultima si contrae istantaneamente rendendo possibile la commistione di più percezioni sensoriali: un determinato profumo, dunque, può richiamare alla mente un colore o addirittura un suono, ed è per questo che le fragranze in genere vengono divise secondo criteri cromatici o musicali come «tonalità» o «note» (vedi la struttura dell’Odophone di S. Piesse).Le note «di testa» sono quelle più alte, leggere, e le prime a colpire, quelle «di cuore» sono medie, poco più lente ad arrivare ma solide e corpose, mentre quelle «di fondo» sono basse, intense e danno stabilità e persistenza nel tempo ad un profumo.
La scienza odierna non si è ancora pronunciata in modo definitivo su cosa sia a livello fisico un «odore»: secondo alcuni si svilupperebbe secondo la struttura molecolare, secondo altri (vedi studi di Luca Turin) la decodifica da parte dei recettori dipenderebbe dalla vibrazione emessa dalle stesse molecole. Per questo, al momento, riguardo alle reazioni che avvengono nell’apparato olfattivo ci si riferisce ai risultati della dissoluzione di sostanze volatili in uno strato di muco che permea l’interno delle nostre narici. Una volta disciolte, lo stimolo prodotto sarà codificato dai recettori, che produrranno gli effetti ai quali abbiamo accennato nell’articolo sugli effetti fisici e materiali. Ad essi va aggiunto che il sistema olfattivo è direttamente collegato alle parti più ancestrali del cervello: il sistema limbico, l’amigdala, la ghiandola pineale (epifisi) e ghiandola pituitaria (ipofisi).
Durante l’inalazione di un qualsiasi odore, quest’ultima si contrae istantaneamente rendendo possibile la commistione di più percezioni sensoriali: un determinato profumo, dunque, può richiamare alla mente un colore o addirittura un suono, ed è per questo che le fragranze in genere vengono divise secondo criteri cromatici o musicali come «tonalità» o «note» (vedi la struttura dell’Odophone di S. Piesse).Le note «di testa» sono quelle più alte, leggere, e le prime a colpire, quelle «di cuore» sono medie, poco più lente ad arrivare ma solide e corpose, mentre quelle «di fondo» sono basse, intense e danno stabilità e persistenza nel tempo ad un profumo.
Poiché le aree cerebrali stimolate dagli odori sono quelle da cui partono anche gli simoli istintivi e risposte emotive, la percezione olfattiva può legarli a particolari situazioni o persone. A seconda dell’intensità associativa, la memoria riporterà a galla tutto quanto è ad esso correlato in qualunque momento si dovesse ripresentare il medesimo odore: nell’inconscio, infatti, non esiste il concetto di tempo. E’ il motivo per cui alcuni incensi (vaniglia, cannella, storace, …) vengono definiti come “regressivi”, perché riportano la psiche al periodo dell’infanzia, quando ad esempio aleggiavano i profumi di torta o biscotti appena sfornati a casa delle nonne.
Tornando alla ghiandola pituitaria, nel sistema dei chakra essa viene associata all’Ajna o Terzo Occhio, sede dell’inconscio e delle facoltà mentali latenti dell’uomo. Oltre a ciò, questo centro funge anche da ponte verso il Chakra della Corona, associato invece alla ghiandola pineale, che se risvegliato porta a quello che viene descritto come stato di Illuminazione. L’epifisi è in grado di secernere autonomamente il neurotrasmettitore chiamato DMT (dimetiltriptamina), un alcaloide psicotropo prodotto naturalmente all’interno del nostro corpo, ma contenuto anche in alcuni tipi di vegetali conosciuti ed impiegati dalle tradizioni spirituali di diverse parti del mondo. In particolare, lo utilizzano gli sciamani dell’area amazzonica per preparare la famosa bevanda Ayahuasca, che ingerita induce stati di coscienza «altri» e visioni.
Dischiudere le porte della consapevolezza |
Lungi dall’essere così psicoattivo, generalmente, l’incenso può costituire un supporto per dischiudere l’ingresso delle
dimensioni trascendenti: alcuni
ingredienti come mirra, dammar, mastice, storace, anice stellato, eccetera, sono in grado
di esercitare un effetto fortemente calmante sulla psiche e sul turbinio di pensieri dai quali è assediata, favorendo
in questo modo la concentrazione e
il raggiungimento vuoto mentale.
E’ questa la precondizione necessaria affinché avvenga dhyàna, termine sànscrito che indica l’evocazione prolungata nel mentale di immagini e simboli che rimandano a qualità o esperienze divine, in modo da poterle sperimentare, allinearsi ad esse e dunque assimilarle e interiorizzarle.
E’ questa la precondizione necessaria affinché avvenga dhyàna, termine sànscrito che indica l’evocazione prolungata nel mentale di immagini e simboli che rimandano a qualità o esperienze divine, in modo da poterle sperimentare, allinearsi ad esse e dunque assimilarle e interiorizzarle.
Durante
l’assenza di pensieri, inoltre, è
possibile allenarsi a ripristinare la comunicazione
con il proprio Sé Superiore,
ossia la scintilla che ci collega al Divino e con esso a tutti gli altri esseri
viventi: in sostanza abbinando l’incenso
alla meditazione è possibile amplificare
i benefici che quest’ultima apporta nello sviluppo della consapevolezza.
Ogni sostanza esercita di per sé un proprio effetto caratteristico sulla psiche, sul carattere e sull’umore, in genere analogo a quello che possiede sul piano fisico, e che contribuisce a inclinare gli individui e l’ambiente che impregna verso quel particolare tipo di atmosfera.
La Natura profuma per tutti |
Al contrario, i profumi e l’incenso trovano impieghi efficaci per rinforzare le idee e le associazioni positive fra situazioni, eventi, emozioni e stati dell’essere. In questo modo è possibile costruire una sorta di mappa aromatica della propria psiche, in cui segnare i luoghi mentali-aromatici nei quali tornare per trovare quiete, o recarsi qualora si necessiti di attingere, lavorare o sviluppare particolari aspetti di noi stessi.
Stay (emotional and mental) incensed!
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