sabato 21 dicembre 2013

Incenso e Solstizio d'Inverno





Natale si avvicina, e porta con sè la fine dell’Autunno e l’inizio dell’Inverno. Nelle varie tradizioni rurali e spirituali legate alla Terra e alla Natura, queste due stagioni rappresentano i poli di un binomio energetico: rispettivamente il Declino della forza vitale e il successivo Accumulo di quella nuova, in preparazione dell’esplosione Primaverile.

Durante l’autunno osserviamo le foglie ingiallire gradualmente, sacrificandosi per restituire la vita all’albero che glie l’ha donata. Cadono al suolo così che il loro corpo diventi il nutrimento necessario per affrontare il gelo della stagione fredda. Alcuni animali migrano in cerca di luoghi caldi e con maggior cibo a disposizione, altri si industriano ad accumulare scorte di viveri o grasso prima di entrare in letargo, fintanto che la luce del Sole regala giornate tiepide e il freddo della notte non è ancora così insopportabile.
Anche noi uomini siamo figli della Terra sebbene la vita moderna ci abbia resi meno sensibili ai suoi cicli; le nostre energie e l’inconscio, però, rimangono estremamente connessi a Lei e ci inviano segnali su come allinearci col flusso naturale delle cose.
 
E’ opportuno affrontare qui una piccola distinzione, separando concettualmente il maschile dal femminile: non è certo per scadere in uno sterile maschilismo/femminismo, quanto piuttosto perché tratteggiano ritmi biologici ed energetici che corrono su binari diversi. Nell’ermetismo occidentale l’uomo è associato al Sole mentre la donna alla Luna, e il motivo è da ricercarsi proprio nell’analogia con le caratteristiche di questi due corpi celesti: il primo è più lento, infatti il suo percorso apparente si completa nell’arco di un anno, ma le trasformazioni e le conseguenze che comporta sono più consistenti e incisive. La seconda al contrario è più rapida, rinnovandosi costantemente ogni mese, ma i suoi effetti sono veloci, numerosi e mutevoli.
 
Sia il maschile che il femminile, però, sono influenzati dal loro ciclo opposto verso il quale sentono l’attrazione a riunirsi, per potersi completare: sentono il desiderio dell’incontro o “matrimonio iniziatico” fra il Sole e la Luna, così da integrare reciprocamente le proprie differenze. Se il maschio può apprendere dalla femmina l’adattamento e l’uso consapevole dell’istinto –cioè affidarsi alle percezioni e accogliere il cambiamento in tempi brevi-, la femmina può dal canto suo sviluppare la fissità, la focalizzazione e l’espressione del proprio potere creativo –cioè la stabilità e la manifestazione della propria parte attiva/yang. Il concetto è paragonabile quindi più al rapporto di eco Junghiano tra Animus e Anima, anziché alla contrapposizione secolare tra patriarcato e matriarcato.
 
Ciò premesso e casi specifici a parte, capita frequentemente di percepire in noi stessi “qualcosa che non va”, cioè che i parametri con cui abbiamo vissuto la vita fino al momento presente non funzionano più. Alcune azioni e pensieri che fino al giorno prima concretizzavano risultati soddisfacenti ora non ci bastano più, non ci rendono felici per ciò che otteniamo in risposta: sembrano una lente che distorce la realtà, anziché mostrarcela più chiaramente. Potremmo dire che sentiamo l’esigenza di effettuare un cambio vibrazionale, un passaggio da una frequenza a un’altra. Tale salto non è istantaneo, anzi: abbiamo bisogno di tempo per accettare interiormente che stiamo lasciando alle spalle uno stato al quale eravamo abituati (o per meglio dire, affezionati), così da assestarci su quello nuovo.
Come già trattato nell’articolo riguardo la Commemorazione dei Defunti, abbiamo visto che il punto essenziale è abbandonare una parte di noi e abituarsi al distacco da chi non vedremo più: in questo caso si tratta naturalmente di nostre identità “vecchie” che dobbiamo consegnare al passato.

I saggi dell’antichità hanno paragonato questa realizzazione alla vita del Sole (luce), che cede gradualmente il posto alla Luna (buio) a partire dal Solstizio d’Estate fino a quello d’Inverno: le ore notturne sovrastano in durata quelle del giorno, e il tempo interiore appare sospeso, dilatato, quasi immobile. La coscienza attiva gradualmente perde di forza per lasciare sempre più spazio alla riflessione e all’introspezione: il giorno del 21 Dicembre l’astro dorato raggiunge il punto più basso all’orizzonte e lì si ferma alcuni giorni (Sol-stat), in cui le notti sono le più lunghe dell’anno. Dal 25 Dicembre, però, il Sole riprende il suo cammino, lentamente recupera forza e vigore, ed insieme a lui anche il seme del cambiamento comincia la sua silenziosa metamorfosi.

Nel linguaggio ermetico si allude a questa analogia del Macrocosmo (sole-luna) e del Microcosmo (coscienza-introspezione) con l’espressione “morte e rinascita del Sé”: ovviamente  è chiaro che non serve tassativamente la dipartita fisica per mettere in moto questa trasformazione. E’ un processo che tutti noi attraversiamo, più o meno consapevolmente, diverse volte nella nostra vita o persino varie volte in un giorno.  In alcuni casi il loro ciclo di esistenza è breve, come il “titolo” sul lavoro, il nostro ruolo sociale o familiare, che smettiamo una volta terminata la giornata. Altre volte si tratta di veri e propri schemi mentali e personalità strutturate, costruite e sedimentate negli anni, che lentamente divengono obsolete al punto da ostacolare la nostra crescita: è necessario perciò accettare che dobbiamo lasciarle andare, in favore di una riscoperta costante di chi siamo veramente nel profondo.

E’ proprio in vista di questo lavoro interiore che ho pensato di proporre una miscela d’incenso e un breve esercizio che mi era stato consigliato, e ho trovato molto efficace per agevolare il distacco che non desideriamo più trattenere, incanalando invece le energie verso ciò che sentiamo positivo costruire.
Quello che descriverò di seguito è soltanto un suggerimento, prima del quale vorrei porre l’accento su un aspetto: la realtà che ci circonda è una co-creazione della materia che risponde ai nostri pensieri, atteggiamenti e attitudini interiori. Perciò, se ci rendiamo conto che alcune situazioni non sono più di nostro gradimento, la chiave per un cambiamento soddisfacente è lavorare sul nostro approccio alla Vita, anziché sulle situazioni stesse. Infatti, nel momento stesso in cui modifichiamo davvero la nostra frequenza vibratoria, tutti gli eventi in cui siamo immersi si adegueranno di conseguenza, in modo naturale, e senza sforzi inutili.

L’incenso si compone di:
·     

  •       1 parte di Elemi
  •     1 parte di Dammar
  •     ½ parte di Copale
  •       ½ parte di Storace
  •    ¼ parte di Benzoino di Sumatra

Pestare tutti gli ingredienti in un mortaio e poi bruciare a pizzichi sul carboncino prima dell’esercizio, se si gradisce anche durante. Le dosi possono essere cambiate a piacimento, naturalmente, e gli ingredienti che mancano possono essere sostituiti o semplicemente tralasciati.


Morte e rinascita del Sé:

Scegliamo un luogo tranquillo, in cui ci sentiamo a nostro agio e abbiamo la possibilità di rimanere indisturbati per almeno 15-20 minuti, o per il tempo che desideriamo dedicare a questa pratica. Se ci fa piacere, possiamo abbassare le luci e accendere una candela quale simbolo della fiaccola che ci guida nel cammino Spirituale. Da essa accendiamo il carboncino che posizioneremo nel brucia incenso: se non abbiamo la candela possiamo accenderlo con la fiamma di un accendino, un fiammifero, eccetera.

Bruciamo un pizzico o due dell’incenso che abbiamo preparato, così che il suo fumo aromatico si diffonda gradualmente nell’ambiente. Lasciamo che ci calmi, e ci conduca verso un atteggiamento di introspezione, preparandoci a una discesa in noi stessi.

Cerchiamo di rilassarci, seduti o sdraiati, rendendo regolare il respiro; quando ci sentiamo pronti visualizziamoci in piedi di fronte a un luogo simile all’entrata di una caverna: siamo in leggera penombra, i dettagli esterni  sono pochi e scarni. Davanti a noi, verso il basso, si snoda una scala dritta con un numero indefinito di gradini.

Imbocchiamo l’ingresso e cominciamo a scendere lentamente, uno scalino dopo l’altro; mentre facciamo ciò, cerchiamo di avere la percezione che la realtà esterna sia sempre più distante e ovattata, mentre l’attenzione e le percezioni interiori si fanno sempre più vivide e presenti. Continuiamo a percorrere questa scala verso il basso per il tempo che preferiamo, fino a quando avremo la chiara sensazione di essere entrati completamente al nostro interno.
Questa pratica preliminare serve ad abbassare le onde cerebrali da uno stato beta (veglia) ad almeno uno alfa (intermedio tra sonno e veglia), così da permettere un primo incontro fra mente conscia e inconscia.

Quando ci sentiamo pronti, visualizziamo di essere arrivati in un piccolo spiazzo, che è la caverna stessa: davanti a noi si erge un grande specchio con una spessa cornice nera; esso è il “contenitore” che accoglierà tutto ciò che desideriamo abbandonare di noi stessi. Proiettiamo al suo interno le nostre paure, le ansie, le situazioni di cui vogliamo liberarci, gli atteggiamenti che non ci piacciono più… in sostanza, tutto ciò di cui vogliamo liberarci.
E’ molto meglio concentrarsi su pochi singoli aspetti per volta, anziché su molti e disparati: sarà più efficace, ad esempio, scegliere una sola situazione da analizzare e proiettare nello specchio tutte le sfaccettature di noi che quella situazione evoca. In questa fase è importante da un lato percepire nettamente a livello interiore ciò che ci suscita, e dall’altro visualizzarlo/visualizzarci quanto più chiaramente riusciamo sulla superficie dello specchio.

Continuiamo in questo modo finché l’abbiamo completamente saturato di situazioni, emozioni, atteggiamenti e quant’altro, dopodiché immaginiamo di visualizzare nella nostra mano un grande e pesante martello. A questo punto vibriamo uno o più colpi allo specchio in modo da mandarlo in frantumi, distruggerlo completamente, senza che ne rimanga alcuna traccia, cornice compresa: d’ora in poi non visualizzeremo né richiameremo più alla mente le stesse scene.

Al suo posto, ora, facciamo comparire uno specchio altrettanto grande ma dalla cornice bianca. Al suo interno questa volta proietteremo situazioni, emozioni, comportamenti e atteggiamenti precedenti, ma in una versione differente: cioè per come vorremmo che fossero, per come ci farebbero sentire bene, in pace con noi stessi e pienamente realizzati nella nostra vera natura. Anche in questa occasione, è importante percepire chiaramente a livello interiore le varie sensazioni di soddisfazione e benessere, al tempo stesso visualizzandole quanto più nettamente possibile. Continuiamo in questa maniera fino a quando anche lo specchio bianco sarà saturo: a questo punto cerchiamo di mantenere fisso in noi, e ben chiaro alla nostra “seconda vista” il quadro di quanto vi abbiamo trasferito, per almeno 5 o 10 secondi.

Trascorso questo piccolo lasso di tempo, voltiamoci verso la scala da cui siamo scesi e ripercorriamola al contrario, lentamente, gradino per gradino, fino a ritornare all’entrata superiore della caverna.
Prendiamoci qualche istante per abituarci all’idea che abbiamo dato inizio ad un cambio di vibrazione grazie alla meditazione, dopodiché torniamo nel qui ed ora.

Se il carboncino è ancora attivo possiamo bruciare un pizzico di incenso per purificarci e rinforzare la nostra convinzione, dopodiché possiamo spegnere la candela con la consapevolezza che la luce e la guida della coscienza sono sempre con noi, è sufficiente solo saperle ascoltare e avere il coraggio di seguire i loro consigli. Se ci è possibile, concediamoci una bella doccia o un bagno caldo in modo da “dimenticare” quanto abbiamo appena meditato: così facendo, il lavoro compiuto passerà lentamente dalla mente conscia a quella inconscia, dando il via alla reale trasformazione che ci porterà al cambiamento voluto.

E’ possibile che, a seguito di questa meditazione, l’elaborazione di quanto abbiamo espresso faccia emergere lentamente altre questioni su cui sentiamo di voler lavorare. E’ quindi possibile ripeterla ogni qual volta ne avvertiamo il bisogno, finché non percepiamo di essere totalmente in pace con quell’aspetto di noi e di aver accettato il cambiamento.

Stay (reinassance) incensed!

-Eraldo

sabato 23 novembre 2013

INCENSO: Effetti Fisici e Materiali - parte 2




Dopo aver trattato della storia e delle origini dell'incenso, passiamo ora a scoprirne gli effetti materiali.

La cavità nasale

In via generale le percezioni olfattive esercitano la loro influenza sulla respirazione, comportando istantaneamente un rallentamento graduale che può arrivare al suo arresto quasi totale nel caso di un odore fortemente sgradevole. A livello circolatorio, invece, il cuore aumenta i suoi battiti diminuendo però l’ampiezza delle contrazioni.
Nella ridotta superficie della mucosa nasale (di soli 5 cm2), si contano circa 12 milioni di peli e 20 milioni di recettori: questi ultimi sono divisi in “gruppi” i quali hanno il compito di distinguere e catalogare solo un numero ridotto di tipologie aromatiche. E’ però grazie loro interazione e comunicazione,cioè dalla commistione di impulsi elettrici che inviano, che il cervello è in grado di riconoscere diverse decine o centinaia di profumi.
Inoltre, studi dell’aromaterapeuta britannico Robert Tisserand pubblicati per la prima volta nel 1977 nel libro “The Art Of Aromatherapy”, hanno evidenziato che le sostanze odorose inducono le ghiandole endocrine della zona cerebrale a secernere specifici ormoni, a seconda di quali vengono inalate. Questi si traducono in messaggi emozionali, esercitando perciò una grande influenza sul sistema nervoso e su quello psicoemotivo, pur variando da individuo a individuo, come vedremo nella parte successiva.

A livello fisico più globale, invece, gli effetti dell’incenso sono in generale analoghi a quelli derivanti dall’utilizzo della medesima sostanza per altra assunzione: fumigare con la cannella o i chiodi di garofano, ad esempio, risulterà stimolante e rinvigorente per la mente e il corpo, mentre al contrario la mirra, lo storace o i fiori di lavanda risulteranno calmanti, distensivi o lievemente assopenti.
Così come per gli oli essenziali, esistono 3 effetti comuni a quasi tutti le sostanze naturali usate come incenso:

  • Antisettico e Antibatterico: eliminano cioè gli agenti patogeni presenti nell’aria e ne ritardano/contrastano la proliferazione
  • Espettorante: rinforzano l’apparato respiratorio e promuovono l’espulsione del muco
  •  Tonico e Sedativo: a seconda dello stato psicofisico, è il corpo a decidere se un aroma serve a rilassare o a tonificare l’organismo

I 7 chakra della filosofia indiana
Grazie agli ormoni prodotti, ma anche e soprattutto alla vibrazione caratteristica di ogni sostanza impiegata, vale la pena ricordare come nella filosofia indiana vi sia una classificazione degli elementi impiegati nelle miscele d’incenso direttamente associata alla dislocazione dei chakra: durante la pratica yogica, infatti, l’utilizzo di fumigazioni è spesso presente quando possibile, poiché crea risonanza tra il profumo dell’ingrediente bruciato ed il chakra/plesso fisico/plesso psicoemotivo corrispondente, unendo insieme effetti terapeutici ed esperienze soddisfacenti a livello meditativo. Inoltre, la diminuzione del ritmo respiratorio dovuto all’inalazione dei fumi, come ad esempio avviene bruciando olibano, induce il meditante a concentrarsi sulla cadenza e la profondità del soffio stesso, nonché sulla modalità con cui introduce ed emette aria nel e dal proprio corpo. Nella medicina naturale, infatti, questa resina o il suo olio essenziale vengono impiegati nei casi di attacchi d’asma per regolarizzare la respirazione.
 
Tutte le filosofie orientali considerano l’atto del respirare come il fondamento sia dell’essere umano che del lavoro per la crescita interiore: è il simbolo del flusso dell’energia cosmica in costante alternarsi fra due estremi opposti (inalazione-espansione, espirazione-contrazione), in un dinamico fluire l’uno nell’altro, che però trascende entrambi creando un’eterna «stasi».

Nella filosofia esoterica occidentale questa considerazione è invece ben nascosta, anche se per contro sono evidenti le indicazioni degli effetti sul fisico, strettamente legate alla segnatura astrologica cui l’ingrediente è sottoposto.Ogni pianeta e segno zodiacale infatti hanno la loro influenza oltre che sulle parti dei vegetali (o minerali e animali) anche su specifiche zone del corpo e processi fisiologici.
Resina naturale di canfora
Le sostanze incense, poi, rilasciano i loro effetti tanto sul corpo di chi vi è esposto, quanto sull’ambiente circostante: gli ingredienti purificanti ad esempio, come la canfora, la mirra o il chiodo di garofano, possiedono potenti effetti antisettici e antibatterici, cicatrizzanti ed insetticidi, al punto tale che venivano impiegati all’interno delle sale operatorie per sterilizzare l’ambiente prima degli interventi (assieme allo zolfo).




Stay (material effects) incensed!

sabato 2 novembre 2013

Incenso e Ricordo dei Trapassati


L' 1 e il 2 Novembre in molte culture sono dedicati all’omaggiare il ricordo di persone che hanno lasciato la dimensione del visibile per proseguire il proprio viaggio di consapevolezza su altri piani vibratori.
Al di là del nome che assume nelle varie tradizioni, credo che l’importante sia soffermarsi sul profondo significato di questa ricorrenza, almeno un giorno all’anno. Riprendere, cioè, confidenza con l’idea che la nostra condizione umana/materiale si svolge durante un periodo limitato, in cui l’anima attraversa esperienze per lei necessarie a evolvere, così da arrivare un giorno prendere le distanze da quanto le è accaduto e rielaborare il tutto sotto un’ottica più completa, grazie a una visione meno ristretta della vita.

La scomparsa di una persona cara, di un amore, un amico, un conoscente, del proprio animale domestico che ci ha accompagnati per molti anni, è sicuramente l’avvenimento più forte che la vita sceglie per farci porre l’attenzione su questo processo. D’altro canto, però, sono fermamente convinto che buona parte della tristezza e del dolore che accompagnano la dipartita, siano in realtà il segnale della difficoltà che ciascuno affronta nell’accettare che insieme a chi ci ha lasciato sta “morendo” soprattutto una parte di noi. Quella composta da tutte le esperienze vissute insieme, dalle parole dette e non dette, da tutto ciò che quella persona ci ha insegnato e per cui non abbiamo avuto tempo di ringraziarla, dall’affetto espresso e quello ricevuto, dal fatto che raramente ci viene insegnato che la vita è cambiamento, è incontrarsi tanto quanto dirsi addio (o arrivederci, per quanto mi riguarda). In quest’ottica, il senso di vuoto e mancanza che proviamo quando una persona muore sono fortemente legati al ricordo di quella parte di noi che riuscivamo ad esprimere quando eravamo in sua compagnia, e che crediamo di non poter mai più mostrare al mondo in generale, o a qualcun altro in particolare.


Elaborare il lutto verso qualcuno è un processo lungo e articolato, composto da fasi che la psicologia ha studiato e analizzato profondamente, sviluppando modalità consone per gestirlo; purtroppo questo è un argomento che supera di parecchio i contenuti e le finalità di questo articolo. Mi preme sottolineare, comunque, che l’esercizio proposto più avanti non intende in alcun modo sostituirsi a un qualsivoglia tipo di terapia, o a una figura medica/psicologica preparata e competente in materia, che ci affianchi e lavori con noi al superamento di traumi emotivi simili.


Ciò premesso, il punto centrale su cui penso si possa lavorare è il raggiungimento del distacco emotivo da una persona che non è più al nostro fianco: il che non significa smettere di provare affetto, anzi, proprio l’opposto. Vuol dire imparare a trasmutare le emozioni negative legate alla perdita sino a renderle la fonte della grande forza propulsiva che ci proietta verso una vita nuova, nella quale integrare gli insegnamenti che abbiamo tratto dalla presenza di quella persona e le riflessioni scaturite dalla sua perdita.


Ho pensato, quindi, di suggerire una miscela d’incenso e una piccola meditazione per aiutarci ad accettare serenamente il distacco, chiunque sia il “soggetto”. In realtà si attraversano fasi analoghe anche in altre occasioni, come ad esempio rotture di rapporti sentimentali o di amicizia, separazioni forzate, allontanamenti familiari (vita universitaria, trasferimento in altra città, pensionamento,…) e così via: la meditazione può benissimo essere riadattata a seconda dell’occasione, ma giacché il giorno del 2 Novembre è dedicato alla commemorazione dei defunti, ho deciso di orientarla in questo senso.


L’incenso si compone di:
  •       1 parte di Copale
  •     1 parte di Sandalo Bianco
  •      ½ parte di Storace
  •      ¼ parte di Benzoino di Sumatra
  •      ¼ parte di Mirra

Pestare tutti gli ingredienti in un mortaio e poi bruciare a pizzichi sul carboncino prima dell’esercizio, se si gradisce anche durante. Le dosi possono essere cambiate a piacimento, naturalmente, e gli ingredienti che mancano possono essere sostituiti o semplicemente tralasciati.



Omaggiare chi non è più con noi:


NOTA: Prima di cominciare con la descrizione è importante sottolineare che, se la persona a cui ci rivolgiamo è scomparsa di recente, sarebbe meglio attendere almeno qualche mese prima di eseguire questa meditazione. Questo perché tale periodo servirà a noi stessi per abituarci all’idea della perdita, così da affrontare la meditazione con una certa serenità d’animo e disposizione mentale.
Secondo alcune visioni, inoltre, anche l’anima e la coscienza di chi ha abbandonato la materia densa hanno bisogno di tempo per abituarsi alla nuova condizione di esistenza, senza che la nostra sofferenza la tenga costretta e legata a un piano vibratorio diverso da quello che naturalmente dovrebbe raggiungere.



L’inizio è analogo a quello della Meditazione di Ognissanti. Scegliamo un luogo tranquillo, in cui ci sentiamo a nostro agio e abbiamo la possibilità di rimanere indisturbati per almeno 15-20 minuti, o per il tempo che desideriamo dedicare a questa pratica. Se ci fa piacere, possiamo abbassare le luci e accendere una candela quale simbolo del fuoco dell’Amore Spirituale che nutriamo verso la persona che vogliamo ricordare, o verso noi stessi, a seconda. Da essa accendiamo il carboncino che posizioneremo nel brucia incenso: se non abbiamo la candela possiamo accenderlo con la fiamma di un accendino, un fiammifero, eccetera.

Bruciamo un pizzico o due dell’incenso che abbiamo preparato, così che il suo fumo aromatico si diffonda gradualmente nell’ambiente. Lasciamo che il suo aroma calmi le nostre passioni, lenisca i sentimenti feriti, ci porti nel qui ed ora e ci orienti verso l’introspezione sincera.

Cerchiamo di rilassarci, seduti o sdraiati, rendendo regolare il respiro; quando ci sentiamo pronti spostiamo la nostra attenzione e la nostra memoria alla persona che vogliamo ricordare. I dettagli esteriori sono relativamente importanti: se riusciamo a visualizzarla chiaramente va bene, ma è più importante focalizzarci sul ricordo intimo che abbiamo di quella persona, ciò che conserviamo di lei/lui nel cuore, diciamo la sua “impronta energetica”; se può esserci d’aiuto possiamo tenere vicino a noi una sua fotografia da osservare. Prendiamo tutto il tempo di cui abbiamo bisogno per entrarci in confidenza, anche se già avevamo un rapporto di intimità con la persona che vogliamo ricordare. Esistono comunque zone d’ombra, aspetti di noi non rivelati o frasi tenute nascoste per paura di ferire o di non essere accettati, compresi. Questo lasso di tempo iniziale serve per arrivare ad aprirci totalmente a quell’anima, consapevoli che più tempo è intercorso dalla sua scomparsa e meno sarà legata alla condizione umana. Dunque non dobbiamo temere più che l’amore di quella persona nei nostri confronti sia mosso da altro se non amore incondizionato, proprio dei piani spirituali.

A questo punto, cominciamo a dialogare con il nostro caro come se fossimo in sua presenza: raccontiamo i momenti belli vissuti insieme, quelli spiacevoli, quelli in cui ci siamo arrabbiati, quelli in cui ci ha insegnato qualcosa e non abbiamo avuto il tempo o il coraggio per dire grazie, o tutto ciò che vorremmo lui/lei sapesse circa il nostro rapporto o la persona che ritenevamo fosse. Questa è l’occasione per inviare a quella persona tutti i pensieri come “avrei voluto dirti che” oppure “se fossi qui avrei voluto fare con te”, dirgli che ci manca o chiedere un consiglio come abbiamo sempre fatto quando era con noi. Se invece pratichiamo questa meditazione in occasione di anniversari della scomparsa, o comunque dopo molto tempo dall’accaduto, possiamo “aggiornare” quell’anima su quanto abbiamo appreso da quando si è disincarnata, esprimerle quanto utili siano state le esperienze con lei, o al contrario quanto ci ha fatto comprendere con le sue assenze più che con le sue presenze. Accettiamo serenamente la tristezza che può derivare da un simile dialogo, eventualmente anche il pianto, per quanto forte possa essere: l’avvertimento descritto nella nota iniziale ha proprio l’obiettivo di evitare che sentimenti di tale intensità giungano al trapassato troppo presto, quando non è ancora pronto a percepirli con distacco. Dall’altro lato, gioiamo totalmente per i sorrisi che ci ricordiamo, o per la felicità di eventi che stiamo solo immaginando avremmo vissuto insieme, ma che in realtà sono utili a incanalare tutta l’emotività inespressa nei confronti di quella persona.
 
Quando sentiamo di aver esaurito la carica emotiva e le parole da riferire al nostro caro, ringraziamolo della “compagnia” come più preferiamo, auguriamogli ogni bene e salutiamolo mentalmente con animo quanto più sereno possibile, proprio come avremmo fatto se fosse stato in carne ed ossa al termine di un incontro.

Prendiamoci qualche istante per abituarci all’idea che stiamo dissolvendo il legame energetico creato durante la meditazione, dopodiché ritorniamo con calma nel qui ed ora.
Se il carboncino è ancora attivo possiamo bruciare un pizzico di incenso per purificarci e confortarci, dopodiché possiamo spegnere la candela con la consapevolezza che il fuoco dell’amore che nutriamo per l’anima a cui ci siamo appena rivolti farà sempre parte di noi. Se ci è possibile, concediamoci una bella doccia o un bagno caldo per riportarci alla dimensione del corpo.  



E’ possibile che, a seguito di questa meditazione, l’elaborazione di quanto abbiamo espresso faccia emergere lentamente altre questioni di cui voler rendere partecipe il nostro caro. E’ quindi possibile ripeterla ogni qual volta ne sentiamo il bisogno, finché non percepiamo di essere totalmente in pace con noi stessi e di aver accettato il distacco.
Oppure, al contrario, fino a che abbiamo sviluppato l’intima comprensione che la condizione di separazione che proviamo è soltanto un’illusione, e che i legami tra le anime superano i confini dell’esistenza visibile, essendo eterni come lo è la Fonte da cui tuttti proveniamo e nella quale, prima o poi, tutti ci ritroveremo.

Stay (homaging beloved) incensed!

-Eraldo