L' 1 e il 2 Novembre in molte culture sono
dedicati all’omaggiare il ricordo di
persone che hanno lasciato la dimensione del visibile per proseguire il proprio
viaggio di consapevolezza su altri piani vibratori.
Al di là del nome che assume nelle varie tradizioni, credo che l’importante sia
soffermarsi sul profondo significato di questa ricorrenza, almeno un giorno
all’anno. Riprendere, cioè, confidenza con l’idea che la nostra condizione umana/materiale si svolge
durante un periodo limitato, in cui
l’anima attraversa esperienze per lei necessarie a evolvere, così da arrivare un giorno prendere le distanze da quanto
le è accaduto e rielaborare il tutto sotto un’ottica più completa, grazie a una visione meno ristretta della
vita.
La scomparsa di una persona cara, di
un amore, un amico, un conoscente, del proprio animale domestico che ci ha
accompagnati per molti anni, è sicuramente l’avvenimento più forte che la vita sceglie per farci
porre l’attenzione su questo processo. D’altro canto, però, sono fermamente
convinto che buona parte della tristezza e del dolore che accompagnano la dipartita,
siano in realtà il segnale della difficoltà che ciascuno affronta nell’accettare che insieme a chi ci ha
lasciato sta “morendo” soprattutto una parte di noi. Quella composta da
tutte le esperienze vissute insieme, dalle parole dette e non dette, da tutto
ciò che quella persona ci ha insegnato e per cui non abbiamo avuto tempo di
ringraziarla, dall’affetto espresso e quello ricevuto, dal fatto che raramente
ci viene insegnato che la vita è
cambiamento, è incontrarsi tanto quanto dirsi addio (o arrivederci, per
quanto mi riguarda). In quest’ottica, il senso di vuoto e mancanza che proviamo quando una persona muore sono
fortemente legati al ricordo di
quella parte di noi che riuscivamo
ad esprimere quando eravamo in sua compagnia, e che crediamo di non poter mai
più mostrare al mondo in generale, o a qualcun altro in particolare.
Elaborare il lutto
verso qualcuno è un processo lungo e articolato, composto da fasi che la psicologia ha studiato e analizzato
profondamente, sviluppando modalità consone per gestirlo; purtroppo questo è un argomento che supera di parecchio i
contenuti e le finalità di questo articolo. Mi preme sottolineare, comunque,
che l’esercizio proposto più avanti non intende in alcun modo sostituirsi a
un qualsivoglia tipo di terapia, o a una figura medica/psicologica preparata e
competente in materia, che ci affianchi e lavori con noi al superamento di
traumi emotivi simili.
Ciò premesso, il punto centrale su cui penso si possa
lavorare è il raggiungimento del distacco
emotivo da una persona che non è più al nostro fianco: il che non significa
smettere di provare affetto, anzi, proprio l’opposto. Vuol dire imparare a trasmutare le emozioni negative legate
alla perdita sino a renderle la fonte della grande forza propulsiva che ci proietta verso una vita nuova, nella quale integrare
gli insegnamenti che abbiamo tratto
dalla presenza di quella persona e le riflessioni scaturite dalla sua perdita.
Ho pensato, quindi, di suggerire una miscela d’incenso e una piccola meditazione
per aiutarci ad accettare serenamente il distacco,
chiunque sia il “soggetto”. In realtà si attraversano fasi analoghe anche in altre occasioni, come ad
esempio rotture di rapporti sentimentali o di amicizia, separazioni forzate, allontanamenti
familiari (vita universitaria, trasferimento in altra città, pensionamento,…) e
così via: la meditazione può benissimo essere riadattata a seconda
dell’occasione, ma giacché il giorno del 2 Novembre è dedicato alla
commemorazione dei defunti, ho deciso di orientarla in questo senso.
L’incenso si compone
di:
- 1 parte di Copale
-
1 parte di Sandalo Bianco
-
½ parte di Storace
-
¼ parte di Benzoino di
Sumatra
-
¼ parte di Mirra
Pestare tutti
gli ingredienti in un mortaio e poi bruciare
a pizzichi sul carboncino prima dell’esercizio, se si gradisce anche
durante. Le dosi possono essere cambiate a piacimento, naturalmente, e gli
ingredienti che mancano possono essere sostituiti o semplicemente tralasciati.
Omaggiare chi non
è più con noi:
NOTA:
Prima di cominciare con la descrizione è importante sottolineare che, se la persona a cui ci rivolgiamo è scomparsa di recente, sarebbe meglio attendere almeno qualche mese prima di eseguire questa meditazione. Questo perché tale
periodo servirà a noi stessi per abituarci
all’idea della perdita, così da
affrontare la meditazione con una certa serenità
d’animo e disposizione mentale.
Secondo alcune visioni, inoltre, anche l’anima e la coscienza di chi ha
abbandonato la materia densa hanno bisogno di tempo per abituarsi alla nuova
condizione di esistenza, senza che
la nostra sofferenza la tenga costretta
e legata a un piano vibratorio diverso da quello che naturalmente
dovrebbe raggiungere.
L’inizio è analogo a quello della Meditazione di Ognissanti. Scegliamo un luogo
tranquillo, in cui ci sentiamo a nostro
agio e abbiamo la possibilità di rimanere indisturbati per almeno 15-20 minuti, o per il tempo che
desideriamo dedicare a questa pratica. Se ci fa piacere, possiamo abbassare le
luci e accendere una candela quale
simbolo del fuoco dell’Amore Spirituale che nutriamo verso la
persona che vogliamo ricordare, o verso noi stessi, a seconda. Da essa
accendiamo il carboncino che
posizioneremo nel brucia incenso: se non abbiamo la candela possiamo accenderlo
con la fiamma di un accendino, un fiammifero, eccetera.
Bruciamo un
pizzico o due dell’incenso che
abbiamo preparato, così che il suo fumo aromatico si diffonda gradualmente
nell’ambiente. Lasciamo che il suo aroma calmi le nostre passioni, lenisca i sentimenti feriti, ci porti
nel qui ed ora e ci orienti verso l’introspezione
sincera.
Cerchiamo di rilassarci,
seduti o sdraiati, rendendo regolare il
respiro; quando ci sentiamo pronti spostiamo la nostra attenzione e la
nostra memoria alla persona che vogliamo
ricordare. I dettagli esteriori sono
relativamente importanti: se riusciamo a visualizzarla chiaramente va bene, ma
è più importante focalizzarci sul ricordo
intimo che abbiamo di quella persona, ciò che conserviamo di lei/lui nel
cuore, diciamo la sua “impronta
energetica”; se può esserci d’aiuto possiamo tenere vicino a noi una sua fotografia da osservare. Prendiamo tutto
il tempo di cui abbiamo bisogno per entrarci in confidenza, anche se già avevamo un rapporto di intimità con la
persona che vogliamo ricordare. Esistono comunque zone d’ombra, aspetti di noi
non rivelati o frasi tenute nascoste per paura di ferire o di non essere
accettati, compresi. Questo lasso di tempo iniziale serve per arrivare ad aprirci totalmente a quell’anima,
consapevoli che più tempo è
intercorso dalla sua scomparsa e meno
sarà legata alla condizione umana. Dunque non dobbiamo temere più
che l’amore di quella persona nei nostri confronti sia mosso da altro se non amore incondizionato, proprio dei piani
spirituali.
A questo punto, cominciamo a dialogare
con il nostro caro come se fossimo in sua presenza:
raccontiamo i momenti belli vissuti insieme, quelli spiacevoli, quelli in cui
ci siamo arrabbiati, quelli in cui ci ha insegnato qualcosa e non abbiamo avuto
il tempo o il coraggio per dire grazie, o tutto
ciò che vorremmo lui/lei sapesse circa il nostro rapporto o la persona che
ritenevamo fosse. Questa è l’occasione per inviare a quella persona tutti i
pensieri come “avrei voluto dirti
che” oppure “se fossi qui avrei voluto
fare con te”, dirgli che ci manca
o chiedere un consiglio come abbiamo
sempre fatto quando era con noi. Se invece pratichiamo questa meditazione in
occasione di anniversari della scomparsa, o comunque dopo molto tempo
dall’accaduto, possiamo “aggiornare”
quell’anima su quanto abbiamo appreso
da quando si è disincarnata, esprimerle quanto utili siano state le esperienze con lei, o al contrario
quanto ci ha fatto comprendere con
le sue assenze più che con le sue presenze. Accettiamo serenamente la tristezza che può derivare da un simile
dialogo, eventualmente anche il pianto,
per quanto forte possa essere: l’avvertimento descritto nella nota iniziale ha
proprio l’obiettivo di evitare che sentimenti di tale intensità giungano al
trapassato troppo presto, quando non è ancora pronto a percepirli con distacco.
Dall’altro lato, gioiamo totalmente
per i sorrisi che ci ricordiamo, o per la felicità di eventi che stiamo solo
immaginando avremmo vissuto insieme, ma che in realtà sono utili a incanalare tutta l’emotività inespressa nei confronti di quella persona.
Quando sentiamo di aver esaurito la
carica emotiva e le parole da riferire al nostro caro, ringraziamolo della “compagnia” come più preferiamo, auguriamogli ogni bene e salutiamolo
mentalmente con animo quanto più sereno possibile, proprio come avremmo
fatto se fosse stato in carne ed ossa al termine di un incontro.
Prendiamoci qualche istante per abituarci all’idea che
stiamo dissolvendo il legame energetico
creato durante la meditazione, dopodiché ritorniamo con calma nel qui ed ora.
Se il carboncino è ancora attivo possiamo bruciare
un pizzico di incenso per
purificarci e confortarci, dopodiché possiamo spegnere la candela con la
consapevolezza che il fuoco dell’amore
che nutriamo per l’anima a cui ci siamo appena rivolti farà sempre parte di noi. Se ci è possibile,
concediamoci una bella doccia o un bagno caldo per riportarci alla
dimensione del corpo.
E’ possibile che, a seguito di questa meditazione, l’elaborazione di quanto abbiamo espresso
faccia emergere lentamente altre
questioni di cui voler rendere partecipe il nostro caro. E’ quindi possibile ripeterla ogni qual volta ne sentiamo
il bisogno, finché non percepiamo di essere totalmente in pace con
noi stessi e di aver accettato il
distacco.
Oppure, al contrario, fino a che abbiamo sviluppato l’intima comprensione che la condizione di separazione che proviamo è soltanto un’illusione, e che i legami tra le anime
superano i confini dell’esistenza visibile, essendo eterni come lo è la Fonte
da cui tuttti proveniamo e nella quale, prima o poi, tutti ci ritroveremo.
Stay (homaging beloved) incensed!
-Eraldo